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http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/02/articolo/2312/
Riccardo Chiari L'oro tossico dei rifiuti
Era una semplice società a responsabilità limitata l'Agrideco di Scarlino. Una piccola srl nell'alta Maremma, con un capitale sociale di non più di 100 mila euro, e che però lavorava su un settore merceologico assai delicato ma al tempo stesso assai remunerativo come quello della gestione e dello smaltimento dei rifiuti speciali. Riuscendo ad avere ottimi contratti e intensi rapporti di lavoro con multinazionali e grandi industrie italiane come Lucchini e Marcegaglia, nonché con più di una municipalizzata. Con fatturati, per almeno tre anni, di trenta milioni l'anno. Il tutto fino a quando, nell'estate di due anni fa, un terribile incendio distrusse la fabbrica. Nel rogo un operaio rimase gravemente ferito, e un altro operaio padre di famiglia, Doru Martin, migrante rumeno, morì bruciato vivo. Una vittima del malaffare, visto che già le prime indagini accertarono che Martin era morto mentre all'Agrideco si stata «trattando» uno stock di bombolette spray esauste, targate Procter&Gamble, per la lavorazione delle quali non c'era alcuna autorizzazione.
Insomma ci sono tutti gli ingredienti di una patologica storia italiana nell'inchiesta della procura di Grosseto per un gigantesco traffico illecito di rifiuti inquinanti e pericolosi che ieri mattina ha portato i carabinieri del Noe a eseguire ordinanze di custodia cautelare, notificare denunce, fare perquisizioni e sequestri in mezza Italia, dalla Toscana al Friuli Venezia Giulia, dalla Lombardia al Trentino Alto Adige, e ancora Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna. L'indagine fra gli altri vede coinvolto un personaggio di rilievo come Steno Marcegaglia, padre dell'attuale presidentessa di Confindustria. E vede tornare di attualità i fanghi e la colmata di Bagnoli, il monumentale residuo della dismessa acciaieria Ilva, rifiuti contaminati e parecchio inquinati che, visto l'insuccesso dei metodi legali, qualcuno aveva deciso di smaltire in modo illegale.
L'operazione del Noe è stata chiamata «golden rubbish», spazzatura d'oro. Il motivo è lampante, visto che il traffico di rifiuti accertato è stato stimato in circa un milione di tonnellate, con un guadagno di parecchi milioni di euro, gravi danni all'ambiente, e anche un consistente danno all'erario per l'evasione dell'ecotassa. Le persone denunciate sono 61, e per quindici di loro il gip ha deciso ordinanze di custodia cautelare, sei in carcere e nove ai domiciliari. Si tratta di legali rappresentanti, presidenti di cda, direttori generali, responsabili tecnici, soci, responsabili di laboratorio, chimici e dipendenti delle società coinvolte nel maxi traffico illecito. Le accuse, a vario titolo, vanno dall'associazione per delinquere all'omicidio colposo, a lesioni personali colpose, incendio, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, falsità in registri e notificazioni. Sequestrati, va da sé, laboratori di analisi e automezzi per il traffico.
La struttura organizzativa dell'associazione per delinquere, secondo i carabinieri del Noe e la procura grossetana, era imperniata proprio sul ruolo della Agrideco srl, che oltre al suo impianto di trattamento poteva contare su produttori, trasportatori, laboratori di analisi, altri impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche. Il tutto per gestire i flussi dei rifiuti inquinati con una sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri di carico e scarico per dare codici di rifiuto non corretti, così che questi ultimi potevano essere dirottati in siti «compiacenti» di destinazione finale in Toscana, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.
Fra i laboratori sequestrati quello di analisi di Mantova della Made Hse, del gruppo Marcegaglia, dove venivano redatti falsi certificati di analisi sui rifiuti da smaltire provenienti dall'industria siderurgica di Ravenna dello stesso gruppo Marcegaglia di Ravenna, il cui ex direttore, il piombinese Mauro Bragagni, è stato arrestato. In quanto all'Agrideco, che dal giorno dell'incendio aveva chiuso i battenti, sono stati arrestati il presidente del cda Stefano Rosi, il vice Luca Tronconi, e i due componenti del cda Paolo Meneghetti e Federico Lattanzi. Arrestato anche il collaboratore della società Giovanni Consiglio.
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http://www.9online.it/blog_emergenzarifiuti/2010/02/15/rifiuti-corruzione-inquinamento-medicina-democratica-su-golden-rubbish/
Rifiuti, corruzione, inquinamento: Medicina Democratica su Golden Rubbish
Medicina Democratica interviene sull’inchiesta Golden Rubbish. Comunicato della sezione di Livorno e Val di Cecina
La realtà è quella di molte altre: realtà nelle quali impera come può la corruzione dilagante che circonda il mondo dei rifiuti; un giro enorme di soldi utilizzati per far sparire nell’ombra scarti di lavorazione dannosi, causa di tossicità e malattie, che da decenni provocano il dispendio enorme di spese sanitarie ad essi imputabili.
15 sono stati gli arresti in tutta Italia: 3 le discariche sequestrate nel maxi scandalo nel quale emerge un chiaro vincolo di interesse, compromettente non solo responsabilità imputabili a tale smaltimento ma anche al chiaro intento di esponenti pubblici, che dovrebbero invece garantire il controllo della salute pubblica, li lasciarli correre.
Dalla falsificazione delle bolle di accompagnamento all’accertamento di un giro di smaltimento illegale dei rifiuti tossici che attraverso le Province toscane, Bergamo, Milano, Mantova, Ravenna, Trento e Trieste era davvero ben inserito nel circuito imprenditoriale, con la tacita complicità di chi localmente avrebbe dovuto preservare la tutela di cittadini e lavoratori.
Sono finiti in carcere a seguito delle disposizioni del Gip di Grosseto, Pietro Molino, vertice dell’Agrideco; il presidente del Cda, Stefano Rosi, 50 anni; il vice, Luca Tronconi, 45, con l’accusa di omicidio colposo, lesioni personali ed incendio a seguito dell’esplosione del capannone nel quale il 26 giugno del 2008 morì un operaio, Doru Martin, e un collaboratore, Giovanni Consiglio, 47 anni, livornese; sempre in carcere sono finiti Paolo Meneghetti, 49, e Federico Lattanzi, 37 per traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata, falsità in registri e notificazioni fino alla falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; stessa accusa è stata mossa anche nei confronti di altri 10 persone tra le quali spiccano Stefano Anselmi, Franco Leorati e Mauro Bragagni del Gruppo Marcegaglia .
Nell’inchiesta condotta dai Noe di Grosseto coordinati dal pubblico ministero Alessandro Leopizzi è finito come indagato anche Steno Marcegaglia, leader dell’omonimo gruppo e padre di Emma, presidente di Confindustria, in qualità di responsabile della Made Hse, una società di consulenza del gruppo mantovano.
Dice un inquirente: «In sedici mesi abbiamo monitorato centinaia e centinaia di camion che trasportavano in modo irregolare rifiuti da una parte all’altra del Paese. Quanto? Parliamo di almeno un milione di tonnellate».
L’epicentro del terremoto è in Maremma, negli uffici follonichesi della Agrideco srl, la società di intermediazione di rifiuti che dal 1991 lavora con i grandi gruppi industriali italiani. Dopo la tragedia di un anno e mezzo fa è partita l’inchiesta. Dalle indagini è emerso che alla società follonichese veniva commissionato lo smaltimento dei rifiuti in mezza Italia. I lavori venivano eseguiti molto spesso attraverso un impianto di trattamento che si avvaleva di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche, per gestire i flussi.
Una sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri per attribuire codici di rifiuto non corretti e dirottare il carico in siti compiacenti in Toscana, Trentino ed Emilia Romagna.
A Ravenna, ad esempio 100mila tonnellate di rifiuti contenenti mercurio, idrocarburi e altri inquinanti sarebbero stati smaltiti attraverso falsi certificati di analisi redatti da un laboratorio compiacente. Analoga situazione sarebbe stata riscontrata a Servola di Trieste, dove la Agrideco svolgeva l’intermediazione e l’individuazione di siti di smaltimento dei rifiuti provenienti dallo stabilimento siderurgico. I rifiuti però - secondo gli accertamenti - venivano parzialmente smaltiti in discariche, classificandoli sempre con codici non pericolosi, mentre la maggior parte venivano stoccati nello stabilimento, realizzando vere e proprie discariche abusive. Inoltre, venivano miscelati tra di loro per abbassarne i parametri di pericolosità e, attraverso campionamenti non rappresentativi, venivano inviati ad impianti non idonei a riceverli. L’obiettivo? Quello di risparmiare sullo smaltimento.
Tra gli indagati toscani anche il consigliere Federico Lattanzi, nato a Piombino e residente a Follonica, insieme al responsabile del settore rifiuti e bonifiche della Provincia, Andrea Ravanelli; Monica Tortolini, dell’Arpat di Piombino, il cui ruolo avrebbe dovuto essere quello di vigilare nell’ambito della protezione ambientale, e alcuni esponenti dell’Asiu, l’azienda pubblica di Piombino che gestisce i rifiuti in tutta la Val di Cornia e che, nel corso degli anni, ha ricevuto rifiuti provenienti dall’Agrideco, tra cui il presidente Fulvio Murzi ed il direttore generale Enrico Barbarese e il tecnico Maurizio Pinna, responsabile dei conferimenti nella discarica di Ischia di Crociano. A fare da sfondo a questo filone d’indagine, sicuramente meno pesante di quello principale che tocca i rappresentanti dell’Agrideco e quelli di diverse imprese che avrebbero “taroccato” le analisi classificando come non pericolosi, ingenti quantitativi di rifiuti che invece, secondo quanto sostengono gli inquirenti, erano pericolosi, la violazione delle normative ambientali. Mauro Palandri, 48 anni, imprenditore, titolare della Rari, azienda che si occupa della gestione di rifiuti industriali, finita sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori proprio per i suoi rapporti con Agrideco, è nel registro indagati. (Medicina Democratica)
Su questa scia appare più che positivo incoraggiare la partecipazione della cittadinanza e di iscritti al Meetup alla Presentazione che avrà luogo il 16 febbraio alle ore 15 presso l’Aula Magna della Facoltà di Economia dell’università di Pisa, via Ridolfi 10, in merito all’importante Rapporto di ricerca sulle Ricadute economiche, sociali ed ambientali legate alla presenza dell’insediamento Solvay nel Circondario della Val di Cecina, a cura di Bruno Cheli e Tommaso Luzzati.
Golden Rubbish: De Vizia e Bagnolifutura si difendono
Golden Rubbish, Legambiente parte civile
Inceneritori in Toscana, chi ci guadagna?
Per lo Stato gli inceneritori sono innocui
Inceneritori e rischi correlati: medici in prima linea
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http://napoli.repubblica.it/dettaglio/Rifiuti-radioattivi-a-Chiaiano-indaga-la-procura/1863581?ref=rephp
26 FEBBRAIO Rifiuti radioattivi a Chiaiano, indaga la procura
Come mai due compattatori con rifiuti ospedalieri radioattivi sono arrivati a cupa dei Cani? Se lo chiede il procuratore aggiunto Aldo De Chiara, coordinatore della sezione "Ambiente e territorio" della Procura della Repubblica, che segue personalmente il 'Caso Iodio 131'. Iniziativa del Comitato anti discarica martedì grasso, quando circa 200 manifestanti hanno lanciato uova contro gli automezzi con carico pericoloso
di Irene de Arcangelis
RADIOATTIVI o no, i rifiuti ospedalieri a Chiaiano non possono entrare. Perché quei due compattatori con rifiuti ospedalieri radioattivi sono arrivati a cupa dei Cani? Se lo chiede il procuratore aggiunto Aldo De Chiara, coordinatore della sezione "Ambiente e territorio" della Procura della Repubblica, che da ieri segue personalmente il "Caso Iodio 131". Anzi, i tre casi "Iodio 131". Perché a conti fatti gli autocompattatori radioattivi sequestrati a Chiaiano sono quattro in tutto per tre diversi episodi...
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http://www.terranews.it/news/2010/02/ancora-rifiuti-radioattivi
19 FEBBRAIO Pietro Nardiello
CAMPANIA. Nella discarica di Chiaiano sono stati trovati due autocompattatori carichi di iodio 131, una sostanza utilizzata negli ospedali. Era già successo pochi mesi fa con altri due tir. Ma come sempre è calato il silenzio assoluto.
Non si esauriscono i tentativi di scaricare rifiuti radioattivi o pericolosi, per la popolazione e per i terreni, presso la discarica di Chiaiano. Il sito di smaltimento situato proprio nel cuore del Parco metropolitano delle colline di Napoli. A poche decine di chilometri dal centro della città. Ad un anno dall’apertura, che ricordiamo avvenne con un blitz notturno effettuato dalle forze dell’ordine, sono stati bloccati altri due auto compattatori che insieme a rifiuti solidi urbani trasportavano anche iodio 131, una sostanza radioattiva utilizzata per curare le neoplasie della tiroide...
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