Discarica Ex Ecolevante, un intreccio di rifiuti e corruzione
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Discarica Ex Ecolevante, un intreccio di rifiuti e corruzione di Gaetano De Monte,12 settembre 2020
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Dalle carte del secondo troncone dell’inchiesta sull’ampliamento del centro di smaltimento di Grottaglie, emerge un rapporto perverso tra amministratori, forze dell’ordine e imprenditori nel condizionamento del voto popolare, dell’economia e della vita pubblica in provincia di Taranto Amministratori locali, carabinieri e finanzieri, funzionari pubblici, imprenditori e società. Si allarga e approda a uno snodo ulteriormente decisivo l’inchiesta della procura di Taranto che ha portato in cella a marzo dello scorso anno, tra gli altri, l’ex presidente della provincia di Taranto, Martino Tamburrano. Come si ricorderà, “il signore della monnezza” – così era stato definito a suo tempo dai comitati ambientalisti locali – era accusato di corruzione e turbativa d’asta nella vicenda dell’iter amministrativo per la concessione dell’autorizzazione all’ampliamento della discarica per rifiuti speciali situata in contrada Torre Caprarica, tra i comuni di Grottaglie e San Marzano. Proprio mentre è in corso di svolgimento il processo davanti al tribunale della città ionica che vede imputati, oltre all’ex presidente della provincia, un cartello di imprenditori tra cui Pasquale Lo Noce, con un giro di affari milionario nel settore della raccolta, trasporto di rifiuti speciali, pulizie industriali e bonifiche, in solido con le più grandi realtà industriali italiane, quali Ilva, Eni, Edison Spa; è di ieri, infatti, la notizia dell’avviso di conclusione delle indagini ricevuto da altre persone.
Quello che emerge dal provvedimento firmato il 7 settembre dal sostituto procuratore Maurizio Carbone è uno spaccato politico-sociale in cui il voto popolare è inevitabilmente condizionato dagli interessi industriali e dove sovente si determinano gli intrecci nella compartecipazione del governo della cosa pubblica tra esponenti delle forze dell’ordine, imprenditori e amministratori pubblici. Ma andiamo con ordine.
L’uomo politico di lungo corso, Giuseppe Tarantino, è uno dei nuovi coinvolti nell’indagine “T- Rex” condotta da Maurizio Carbone e dal suo aggiunto, Enzo Bruschi. Già parlamentare di Forza Italia all’inizio del nuovo millennio e per due volte consigliere provinciale con l’Udc, dal 2006 a oggi Giuseppe Tarantino è il “ras” indiscusso delle preferenze a San Marzano di San Giuseppe, uno dei due comuni con cui confina la ex discarica Ex Ecolevante. Attualmente sindaco in carica dello stesso comune, appena rieletto nel 2018, è già stato primo cittadino di San Marzano dal 2006 al 2008, poi presidente dello stesso consiglio comunale dal 2008 al 2013, infine di nuovo sindaco dal 2013 al 2018, appunto. E poi rieletto. Sulle sue tracce gli investigatori lo erano da tempo, fin dall’arresto dell’ex presidente della provincia ed ex compagno di partito, ma ora gli inquirenti hanno messo nero su bianco che l’ex parlamentare, Giuseppe Tarantino, «abusando della sua qualità di sindaco del comune di San Marzano di San Giuseppe, induceva Pasquale Lo Noce, amministratore di fatto delle società Universal Service ed Ecologistica Servizi Srl, ad assumere numerose persone in concomitanza con la campagna elettorale per le elezioni svoltesi l’11 giugno».
E che il sindaco Tarantino, in sostanza, avrebbe preteso di ottenere dai «lavoratori assunti sostegno nella campagna elettorale e, in seguito, per consolidare il proprio consenso». Ed è un altro fatto che tra i nuovi indagati di “T- Rex” compaia tra le carte il nome di Antonio Giuseppe la Corte, che della giunta guidata da Giuseppe Tarantino era il consigliere comunale delegato all’urbanistica e che, secondo i giudici tarantini, per il tramite del fratello Francesco, maresciallo della guardia di finanza di Taranto, pure lui indagato, avrebbe avvisato Pasquale Lo Noce delle intercettazioni a suo carico, aiutandolo così «a eludere le investigazioni delle autorità per il delitto di corruzione». Non solo. C’era un altro militare della guardia di finanza che era “a disposizione”, come emerge dagli atti di indagine. È il maresciallo in forza al nucleo di polizia economica e finanziaria, Giuseppe Marzella, che invece era in rapporti con un altro “signore dei rifiuti”, l’imprenditore Antonio Albanese, a cui il finanziere avrebbe riferito che erano in corso intercettazioni ambientali e telefoniche da parte del suo stesso comando nei confronti del manager Roberto Venuti e di Pasquale Lo Noce, ancora lui, entrambi arrestati nel primo troncone della “monnezzopoli” tarantina.
Nel secondo troncone dell’inchiesta, invece, le cui “carte” sono note alle parti da ieri, è finito coinvolto lo stesso Antonio Albanese, che, in provincia di Taranto e per una buona parte della Puglia, è capace di condizionare la vita amministrativa della maggior parte dei comuni; in virtù del fatto che stabilisce il prezzo dei rifiuti solidi urbani per i 29 comuni della provincia tarantina e anche per una parte di quelli della provincia di Bari che vi conferiscono negli impianti da lui gestiti a Massafra attraverso la società Cisa, di cui è il dominus assoluto. Ora, Tonino Albanese è indagato per aver corrotto a giugno del 2017 un finanziere, Giuseppe Marzella appunto, allo scopo di incentivarne il compimento di atti contrari ai propri doveri d’ufficio, avendogli praticato uno sconto di quasi 50.000 euro nella vendita di un immobile di sua proprietà a Massafra, comune in cui dal 2006 al 2016 ha regnato incontrastato, con l’appoggio proprio di Albanese, (prima di approdare al governo della provincia e fino all’arresto) Martino Tamburrano.
Qui, in provincia di Taranto, dove un altro maresciallo, ma dei carabinieri, stavolta, Antonio Bucci, è anche lui indagato nella stessa inchiesta e già dal principio delle indagini, perché fu “scoperto” a festeggiare, a cena in un ristorante di Bari, perché la mattina della stessa giornata il dirigente del settore ambiente della Provincia di Taranto, Lorenzo Natile, aveva concesso l’autorizzazione all’ampliamento della discarica per rifiuti industriali Ex Ecolevante gestita dalla società Linea Ambiente. Proprio quella oggetto dell’inchiesta T- Rex. Impianto che i comitati locali di cittadini ne avevano contestato per 15 anni l’insediamento. E che alla fine hanno vinto la loro battaglia.
Perché nel frattempo, al di là degli esiti del giudizio penale, nelle campagne tra Grottaglie e San Marzano hanno vinto i cittadini. Perché la discarica, invece di essere ampliata, è stata chiusa per l’effetto congiunto di provvedimenti amministrativi (sentenza del Tar di Lecce e del Consiglio di Stato) e giudiziari (arresti dello scorso anno), ma soprattutto perché a una lunga storia di affari e corruzione tra imprenditoria e politica in spregio al diritto alla salute delle comunità territoriali si è opposta negli anni una bella storia di proposta e resistenza politica incarnata dalle stesse comunità. E così oggi il sindaco del comune di Grottaglie, Ciro D’Alò (fortemente temuto e osteggiato dal primo cittadino di San Marzano, quello indagato, per le sue posizioni di opposizione alla discarica e come è emerso dagli atti dell’inchiesta) ha potuto annunciare la costituzione di parte civile al processo, avanzando richiesta di risarcimento di dieci milioni di euro (oltre gli interessi e la svalutazione monetaria), per aver subito «un danno autonomo e diretto, patrimoniale e non patrimoniale, determinato dalla mancata o ritardata realizzazione dell’interesse pubblico territoriale del Comune stesso».
Che, però, nella provincia dove spesso politicamente si assiste all’eterno ritorno dell’uguale, ora dovrà vedersela proprio con gli appetiti dell’imprenditore oggi indagato per corruzione, Antonio Albanese, che ha acquistato e vorrebbe quindi riaprire quella discarica sequestrata e ormai chiusa da tempo. Lì, dove tutto cambia per non cambiare mai, dunque, esiste un rapporto perverso tra amministratori, forze dell’ordine e imprenditori nel condizionamento del voto popolare, dell’economia e della vita pubblica; a Taranto, dove il capo dei magistrati, Carlo Maria Capristo, il 20 maggio scorso, è finito agli arresti domiciliari insieme a un ispettore di polizia, facendo emergere, così, l’ennesima storia ambientata a Taranto in cui gli interessi industriali si tengono ben saldi con la politica e con chi dovrebbe controllarli.
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