DISCARICA E NORME VIGENTI
A cura dell’avv. Antonio Lupo 3. Il procedimento per l'approvazione del cosiddetto "terzo lotto" 4. Il procedimento per l'approvazione della Piattaforma 5. La prosecuzione dell'esercizio del I° lotto 6. La prosecuzione dell'esercizio del II° lotto Il comitato si propone di difendere l’ambiente e la salute dei cittadini sotto ogni aspetto: paesaggio, risorse naturali, urbanistiche, agricole, archeologiche, ecc... Esso, intendendo muoversi secondo le regole del nostro Stato - ritenuto ancora, davvero tenacemente, uno “Stato di diritto” -, ha sempre mantenuto e intende fermamente mantenere una condotta civile e composta in tutte le sue azioni e iniziative. E ciò – si badi – nonostante il comitato “Vigiliamo per la discarica” sia pienamente consapevole che l’impatto ambientale della discarica in questione sia semplicemente enorme. Peraltro, gli effetti sull’ambiente della somma tra a) il I lotto della discarica per rifiuti speciali di 330.000 metri cubi autorizzata dalla Giunta provinciale di Taranto con deliberazione n. 44 del 5.2.1999 (e recentemente prorogata), b) il II lotto della medesima di scarica di 1.200.000 di nuovi metri cubi autorizzato dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale con decreto n. 60 del 7.6.2001, c) il progettato cosiddetto III lotto (che è in realtà una vera e propria nuova discarica) di 2.300.000 di nuovi metri cubi e d) la progettata “piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi”, appaiono chiaramente di straordinaria rilevanza a chiunque rifletta semplicemente anche solo sulle dimensioni di questa discarica. E’ poi appena il caso di far osservare che la compostezza e la civiltà del modo attraverso il quale il comitato “Vigiliamo per la discarica” intende muovere le sue iniziative nei confronti delle istituzioni, lungi dal “tranquillizzare” queste ultime nel senso di ritenerle autorizzate a non preoccuparsi affatto di questa vicenda, le deve rendere ancora più pesantemente responsabilizzate per tutto ciò che dovrà essere fatto - e immediatamente - per la discarica di Grottaglie. E’ infatti ancora appena il caso di far rilevare che questo genere di iniziative, ispirate da canoni di compostezza e di civiltà, offrono a tutte le istituzioni una straordinaria occasione per dare - e specialmente in queste delicatissime vicende -, un esempio di dialettica “normale” tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Le istituzioni, in questa prospettiva, sono pertanto chiamate a prestare una particolare attenzione a non frustrare proprio e innanzitutto iniziative attraverso le quali si chiede - semplicemente - il rispetto delle regole del nostro Stato di diritto. Se infatti non ci sono istituzioni all’altezza di questa ispirazione, non appaia esagerato far osservare che così si colpisce a morte proprio il nostro Stato di diritto !
Il “Rapporto rifiuti 2003”, elaborato in relazione agli anni 2000 e 2001 dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e dall’Osservatorio nazionale sui rifiuti (ONR), riporta dei dati inequivocabili sullo straordinario impatto ambientale della discarica per rifiuti speciali sita nel territorio del Comune di Grottaglie, in località “La Torre – Caprarica”. La discarica di Grottaglie, alla luce di questi dati, si pone come una delle discariche più intensamente sfruttate a livello nazionale. Infatti, con le sue 140.518 tonnellate di rifiuti speciali depositati nell’anno 2001, essa si attesta, in un immaginario “podio” tra discariche di II categoria di tipo “B”, al “secondo posto” nell’intero Mezzogiorno (con esclusione della Sardegna), superata solo da una discarica della provincia di Messina, che si colloca al “primo posto” con 190.000 tonnellate di rifiuti speciali. A livello nazionale, su un totale di 146 discariche di II categoria di tipo “B” censite per l’anno 2001 dal “Rapporto rifiuti 2003”, la discarica di Grottaglie si attesta al 19° posto per quantità di rifiuti depositati. I dati degli anni 2002 e 2003 non sono invece riportati nel rapporto elaborato dall’APAT e dall’ONR. Tuttavia, considerato che i dati del 2000 e del 2001 si riferiscono a periodi in cui era operativo solo il I lotto della discarica di Grottaglie di “soli” 330.000 metri cubi - e non era ancora entrato in esercizio il ben più consistente II lotto di 1.2000.000 metri cubi -, è ragionevole ritenere che negli anni 2002 e 2003 questa discarica abbia ricevuto rifiuti speciali in quantità ancora maggiore. Questi risultati, comprensibilmente soddisfacenti per la società toscana che, con l’impiego di solo una decina di unità lavorative, gestisce la discarica traendone gratificanti utili d’impresa, non possono essere affatto considerati soddisfacenti per la collettività grottagliese e per quelle altre collettività di paesi vicini allo stesso impianto di smaltimento (Francavilla Fontana, San Marzano di San Giuseppe, Fragagnano, Carosino, Monteparano) che subiscono uno sfruttamento così intensivo e ingiustificabile del proprio “bene” ambiente. Ove poi si consideri che tutto ciò avviene con il pieno sostegno degli amministratori locali e su aree vincolate dal piano paesaggistico territoriale tematico per il paesaggio (il cosiddetto PUTT/p), secondo le cui norme tecniche di attuazione è impossibile che su tali aree possano essere anche solo “pensate” e meno che mai addirittura “autorizzate” discariche per rifiuti speciali, la straordinaria gravità di questa situazione balza agli occhi di chiunque. Ma questa situazione, di per sé già gravissima, sembra che i nostri amministratori comunali vogliano dilatarla a tal punto da renderla priva di confini e di aggettivi idonei alla sua qualificazione. Infatti, l’attuale amministrazione comunale, nel febbraio 2004, con grande fretta, ed evidentemente non ancora paga dei “brillanti” risultati raggiunti in tema di gestione ambientale del proprio territorio, ha addirittura espresso un parere favorevole per la realizzazione di un cosiddetto III lotto (che è in realtà una nuova discarica per rifiuti speciali, come successivamente chiarito dalla Provincia) della impressionante volumetria di 2.300.00 metri cubi ! Ove poi si consideri che la società di gestione intende realizzare, sulle aree vicine al I e II lotto della discarica, una piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, il quadro appare sufficientemente chiaro da assumere dimensioni più che allarmanti. L’allarme è ancora più grave ove si consideri che questa sorta di “parossismo da discarica” che sembra aver colpito i nostri amministratori comunali, ha assunto dimensioni talmente patologiche da non far vedere loro nemmeno il parere negativo espresso dal dirigente dell’Assessorato all’urbanistica regionale sul cosiddetto III lotto della discarica. Infatti, mentre l’Assessorato regionale all’urbanistica, con toni a dir poco perentori, ha stabilito inequivocabilmente che i vincoli paesaggistici che gravano sulle aree dove si intenderebbe realizzare il cosiddetto III lotto, rappresentano un impedimento “invalicabile” per l’approvazione del progetto e l’autorizzazione dell’esercizio della nuova discarica, l’amministrazione comunale di Grottaglie, nonostante l’espresso invito dell’Assessorato regionale a rivedere il parere favorevole da essa espresso, non intende minimamente recedere. Di fronte a questo “muro”, tanto più ingiustificabile e grottesco ove si consideri che circa tremila cittadini hanno sottoscritto una petizione popolare che indica puntualmente numerose illegittimità amministrative, è del tutto naturale chiedersi: a chi giova questo atteggiamento ? Se infatti si considera che: a) non c’è alcun interesse pubblico della collettività grottagliese a dotarsi di una discarica per rifiuti speciali (attenzione ! di rifiuti speciali ! non di rifiuti urbani !); b) sono presenti nella Provincia di Taranto altre discariche per rifiuti speciali; c) l’ILVA, che è notoriamente il principale produttore di rifiuti speciali della Provincia di Taranto, ha già le sue discariche; d) nella discarica di Grottaglie vengono smaltiti sostanzialmente solo rifiuti speciali, non solo extra provinciali, ma addirittura prevalentemente rifiuti speciali extra regionali !; ebbene, se si considera tutto ciò, chiediamo alle istituzioni interpellate di rispondere a questa domanda: a chi giova questa discarica per rifiuti speciali ?!, e, soprattutto, a chi giova sfruttare così intensamente il “bene ambiente” della nostra collettività tanto da volerle “regalare” una discarica per rifiuti speciali che, tra I, II e III lotto, e su aree sottoposte a specifica tutela dal piano paesaggistico regionale, raggiungerebbe l’impressionante volumetria di 3.730.000 (tremilionisettecentotrentamila) metri cubi ?! Occorre peraltro rilevare che questa “brillante” “politica ambientale” la si intende “completare” “regalando” al nostro territorio una “piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi”, da ubicarsi a pochi metri dalla stessa discarica, in un’area che è anch’essa sottoposta a tutela paesaggistica dal medesimo piano paesaggistico regionale !
Ma andiamo con ordine nella puntuale indicazione delle illegittimità riguardanti i seguenti procedimenti amministrativi: a) quello per l’approvazione del cosiddetto III lotto della discarica; b) quello per l’approvazione della piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi; c) quello riguardante l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio del I lotto della discarica, autorizzazione rilasciata con determinazione n. 32/2004 del dirigente del settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto; d) quello mai iniziato riguardante l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio del II lotto; 3. Il procedimento per l’approvazione del cosiddetto III lotto E’ un procedimento ancora in corso di svolgimento presso la Provincia di Taranto, con il modulo organizzativo della conferenza di servizi. In esso si riscontra innanzitutto un illegittimo parere favorevole espresso dal Consiglio comunale con deliberazione n. 5 del 13.2.2004. Infatti, le aree (p.lle 22, 25, 26, 101, 102, 103, 104, 105, 152, 160, 162, 173, 174, 177, 178, 197, 302, 303, 304 del foglio di mappa n. 83) sulle quali si intenderebbe realizzare questa vera e propria nuova discarica per rifiuti speciali del volume di 2.300.000 (duemilionitrecentomila) metri cubi, sono sottoposte a specifica disciplina di tutela dal piano paesaggistico regionale [piano urbanistico territoriale tematico per il paesaggio (PUTT/p) approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1748/2000]. Esse, in particolare, sono classificate come “Ambito territoriale esteso” di tipo “D” e rientrano tra le cosiddette “aree annesse” alle “aree di pertinenza” di quei vincoli del PUTT/p classificati come “Ambito territoriale distinto” di tipo “macchie” e di tipo “geo-morfo-idrogeologico” (v. certificato di destinazione urbanistica prot. n. 10819 del 28.6.2004 rilasciato dal Comune di Grottaglie). Le norme tecniche di attuazione del PUTT/p, per quel che concerne le aree classificate come Ambito territoriale esteso (ATE) di tipo “D”, prescrivono, tra gli “Indirizzi di tutela”: “la valorizzazione degli aspetti rilevanti con salvaguardia delle visuali panoramiche” (art. 2.02, punto 1.4). A loro volta, le “Direttive di tutela” del PUTT/p, per gli ATE di tipo “D” prescrivono: - “in attuazione degli indirizzi di tutela, le previsioni insediative ed i progetti delle opere di trasformazione del territorio devono tenere in conto l’assetto geomorfologico d’insieme e conservare l’assetto idrogeologico delle relative aree; le nuove localizzazioni e/o ampliamenti di attività estrattive sono consentite previa verifica della documentazione di cui all’allegato A3” (art. 3.05, punto 2.4); - “….tutti gli interventi di trasformazione fisica del territorio e/o insediativi vanno resi compatibili con la conservazione degli elementi caratterizzanti il sistema botanico – vegetazionale, la sua ricostituzione, le attività agricole coerenti con la conservazione del suolo” (art. 3.05, punto 3.3); - “….per tutti gli ambiti territoriali distinti di cui all’art. 3.04, va evitata ogni destinazione d’uso non compatibile con le finalità di salvaguardia e, di contro, vanno individuati i modi per innescare processi di corretto riutilizzo e valorizzazione” (art. 3.05, punto 4.2).
Per quel che concerne le “aree annesse” alle “aree di pertinenza” classificate come “Ambito territoriale distinto” (ATE) di tipo “macchie”, le medesime norme tecniche di attuazione del PUTT/p, stabiliscono, tra le “prescrizioni di base” (art. 3.10, punto 3.10.4): - “Nell’area annessa si applicano gli indirizzi di tutela di cui al punto 1.3 dell’art. 2.02[1] e le direttive di tutela di cui al punto 3.3 dell’art. 3.05[2]; a loro integrazione si applicano le seguenti prescrizioni di base: a. non sono autorizzabili piani e/o progetti comportanti nuovi insediamenti residenziali o produttivi; b. non sono autorizzabili piani e/o progetti comportanti trasformazioni che compromettano la morfologia ed i caratteri colturali e d’uso del suolo con riferimento al rapporto paesistico – ambientale esistente tra il bosco/macchia ed il suo intorno diretto; più in particolare non sono autorizzabili; - 1) le arature profonde ed i movimenti terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente la morfologia del sito, fatta eccezione per le opere strettamente connesse con la difesa idrogeologica e relativi interventi di mitigazione degli impatti ambientali da queste indotti; - 2) le attività estrattive, ad eccezione dell’ampliamento, per quantità comunque contenute, di cave attive, se funzionali (sulla base di specifico progetto) al ripristino e/o adeguata sistemazione ambientale finale dei luoghi; - 3) la discarica di rifiuti solidi, compresi i materiali derivanti da demolizioni o riporti di inerti, ad eccezione dei casi in cui ciò sia finalizzato (sulla base di specifico progetto) al risanamento e/o adeguata sistemazione ambientale finale congruente con la morfologia dei luoghi; - 4) la costruzione di impianti e infrastrutture di depurazione ed immissione dei reflui e di captazione o di accumulo delle acque ad eccezione degli interventi di manutenzione e delle opere integrative di adeguamento funzionale e tecnologico di quelle esistenti; - 5) la formazione di nuovi tracciati viari o di adeguamento di tracciati esistenti, con esclusione dei soli interventi di manutenzione della viabilità locale esistente; c) sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare considerazione dell’assetto paesistico – ambientale dei luoghi, comportino le sole seguenti trasformazioni (nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche): - 1) recupero, compresa la ristrutturazione (con esclusione della demolizione totale dell’involucro esterno), di manufatti edilizi legittimamente costruiti, anche con cambio di destinazione; - 2) integrazione di manufatti legittimamente esistenti per una volumetria aggiuntiva non superiore al 20 %; d) sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare considerazione dell’assetto paesistico – ambientale dei luoghi, prevedano la formazione di: - 1) aree a verde attrezzato, anche con: - percorsi e spazi di sosta, con esclusione di opere comportanti la completa impermeabilizzazione dei suoli; chioschi e costruzioni movibili e precari, nonché depositi di materiali e attrezzi per le manutenzioni; - movimenti di terra per una diversa sistemazione delle aree se congruente con i caratteri morfologici originari del contesto; - 2) infrastrutturazione viaria carrabile e tecnologica senza significative modificazioni dell’assetto orografico del sito, anche con: - la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per gas e impianti di sollevamento, punti di riserva d’acqua per spegnimento incendi, e simili; - la costruzione di impianti di depurazione, di immissione di reflui e di captazionee di accumulo delle acque purché completamente interrati anche attraverso movimento di terra che non alterino sostanzialmente la morfologia dei luoghi; e) sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi connessi con attività produttive primarie per: - l’ordinaria manutenzione agricola del suolo e l’attività di allevamento non intensiva, nonché la realizzazione di strade poderali, di annessi rustici e di altre strutture strettamente funzionali alla conduzione del fondo; - i rimboschimenti a scopo produttivo, effettuati con modalità rispondenti ai caratteri paesistici dei luoghi; - gli interventi atti ad assicurare il mantenimento delle condizioni di equilibrio con l’ambiente per la tutela dei complessi vegetazionali esistenti.
Il piano regionale di gestione dei rifiuti, approvato con decreto n. 41/2001 del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Puglia (pubblicato in BUR Puglia n. 60 suppl. del 19.4.2001, consultabile anche attraverso internet nel sito della Regione Puglia), per quel che concerne l’individuazione dei “Criteri per la localizzazione” degli impianti di smaltimento [art. 22 comma 3 lettera e) del d. lgs. n. 22/97 e succ. mod.], stabilisce inequivocabilmente che “sono da considerarsi non idonee per ospitare qualsiasi impianto di smaltimento e recupero rifiuti (ad eccezione degli impianti di discariche 2A da valutare caso per caso) (vale a dire discariche per inerti, n.d.r.) le aree che presentano le seguenti caratteristiche: omissis… - e) aree di accertata presenza di comunità floro – faunistiche e di geotopi di particolare interesse naturalistico e ambientale (censite e regolamentate nei: PUTT/paesaggio….titolo II del d. lgs. n. 490/99…..)”. Ebbene, a fronte di tali normative, dalle quali si evince chiaramente l’impossibilità di autorizzare discariche per rifiuti speciali in aree così puntualmente tutelate, il Consiglio comunale di Grottaglie ha reso un incredibile parere favorevole alla realizzazione del cosiddetto III lotto di 2.300.000 (due milionitrecentomila !) metri cubi di rifiuti speciali. L’Assessorato regionale all’Urbanistica, per mezzo del suo massimo dirigente Ing. Nicola Giordano, con atto prot. n. 7081/2 del 5.7.2004, ha espresso un perentorio e inequivocabile parere negativo alla approvazione del cosiddetto III lotto della discarica, invitando altresì l’amministrazione comunale di Grottaglie a rivedere il parere favorevole da essa precedentemente espresso. Infatti, il dirigente dell’Assessorato regionale all’Urbanistica, richiamando le sopra riportate norme tecniche di attuazione del PUTT/p, ha perentoriamente – e doverosamente – affermato che: “…l’area annessa alla macchia censita dal PUTT, interessata dal progetto di che trattasi, costituisce, contrariamente a quanto illustrato nella proposta progettuale, pregiudizio invalicabile per la prosecuzione dei lavori, posto che in tale area si applicano i divieti di cui alle “prescrizioni di base dell’art. 3.104 che vietano la realizzazione di discariche di qualsiasi tipo (p.to 4.2 e segg. Delle NTA del PUTT) essendo possibile, per espressa previsione della norma, i soli progetti finalizzati al “risanamento e/o adeguata sistemazione ambientale finale congruente con la morfologia dei luoghi”. “Ovviamente”, continua il dirigente regionale, “non può farsi rientrare il progetto di discarica di rifiuti speciali in questione tra gli interventi di risanamento e/o sistemazione ambientale che la norma ammette”. A fronte di tale puntuale e chiarissimo parere contrario, si deve registrare un incredibile e assurdo parere favorevole di compatibilità ambientale reso dal dott. Luca Limongelli, dirigente pro tempore dell’Assessorato regionale all’Ambiente, con propria determinazione prot. n. 242 del 7 luglio 2004. Costui, nel proprio parere favorevole di compatibilità ambientale, senza minimamente accennare ai vincoli paesaggistici che gravano pesantemente sulle aree dove si intenderebbe realizzare il cosiddetto terzo lotto di 2.300.000 metri cubi di rifiuti speciali e senza minimamente tenere conto dei criteri che devono essere seguiti nella localizzazione degli impianti di smaltimento, criteri individuati dalle sopra richiamate disposizioni del piano regionale di gestione dei rifiuti (paragrafo F2 del decreto commissariale n. 41/2001), si è limitato a richiamare, sintetizzandolo, lo studio di impatto ambientale effettuato dai progettisti del cosiddetto III lotto della discarica ! Questo parere favorevole di compatibilità ambientale è ancora più grave ove si consideri che lo stesso dirigente dell’Assessorato regionale all’Ambiente, nonostante l’art. 4, 6° comma della legge regionale n. 11/2001 stabilisca che “Le soglie dimensionali definite ai sensi della presente legge sono ridotte del 50 per cento qualora i progetti di interventi o di opere ricadano all’interno di aree naturali protette”, non si è minimamente preoccupato di valutare il progetto di discarica dell’impressionante volumetria di 2.300.000 metri cubi alla luce dei vincoli paesaggistici presenti sull’area ! Tale omissione appare poi di una gravità davvero inaudita ove si consideri, da un lato, il perentorio parere contrario espresso dal dirigente dell’Assessorato regionale all’Urbanistica sopra richiamato, e, dall’altro lato, la circostanza che la medesima società che si candida a gestire il III lotto della discarica, chiede, ai sensi dell’art. 6 del d.m. 13.3.2003, di derogare ai parametri per l’accettabilità dei rifiuti in discarica, elevando del trecento per cento il potenziale di rischio ! Il procedimento per l’approvazione della piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi si sviluppa in maniera ancora più illegittima e sbandata. Esso è ancora pendente dinanzi alla Provincia di Taranto. Il Consiglio comunale di Grottaglie non si è mai pronunciato su tale progetto e il Sindaco ha incredibilmente negato che il Consiglio debba pronunciarsi su di esso (sic !). Pertanto, colui che in sede di conferenza di servizi presenzia per il Comune di Grottaglie, è chiaramente privo di qualsiasi legittimazione ! I vincoli paesaggistici che gravano sulle aree (p.lle 66, 89, 93, 94 del foglio di mappa n. 77) dove si intenderebbe realizzare la piattaforma, sono ancora più gravi rispetto a quelli che riguardano le aree dove si intenderebbe realizzare il cosiddetto III lotto ! Infatti, come risulta dallo stesso certificato di destinazione urbanistica prot. n. 10819 del 28.6.2004 rilasciato dal Comune di Grottaglie, tali aree sono classificate dal piano paesaggistico regionale (il PUTT/p innanzi richiamato) come “aree di pertinenza” (e dunque non come semplici “aree annesse”) agli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie”, e sottoposte a tutela anche dalla specifica normativa per i vincoli idrogeologici, oltre ad essere classificate come “Ambito territoriale esteso” di tipo “D” ! Le norme tecniche di attuazione del PUTT/p, per le “aree di pertinenza” degli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie”, all’art. 3.10.4 stabiliscono innanzitutto che: “Nell’”area di pertinenza” si applicano gli indirizzi di tutela di cui al punto 1.1 dell’art. 2.02 e le direttive di tutela di cui al punto 3.1 dell’art. 3.05….”. Secondo gli indirizzi di tutela di cui al punto 1.1 dell’art. 2.02, valevoli – si badi – anche per gli ambiti di valore eccezionale “A”, si prevede: - “la conservazione e valorizzazione dell’assetto attuale; il recupero delle situazioni compromesse attraverso la eliminazione dei detrattori”; Secondo le direttive di tutela di cui al punto 3.1 dell’art. 3.05, valevoli anch’esse – si badi – anche per gli ambiti territoriali estesi di valore eccezionale “A”: -…..va evitato: il danneggiamento delle specie vegetali autoctone, l’introduzione di specie vegetali estranee e la eliminazione di componenti dell’ecosistema; l’apertura di nuove strade o piste e l’ampliamento di quelle esistenti; l’attività estrattiva; l’allocazione di discariche o depositi di rifiuti ed ogni insediamento abitativo o produttivo; la modificazione dell’assetto idrogeologico”. L’art. 3.10.4, ad integrazione degli indirizzi di tutela e delle direttive di tutela innanzi richiamate, per le stesse “aree di pertinenza” degli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie” stabilisce che: “a. non sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi comportanti: - 1. ogni trasformazione della vegetazione forestale, salvo quelle volte al ripristino/recupero di situazioni degradate, e le normali pratiche silvicolturali che devono perseguire finalità naturalistiche quali: divieto di taglio a raso nei boschi, favorire le specie spontanee, promuovere la conversione ad alto fusto; tali pratiche devono essere coerenti con il mantenimento/ripristino della sosta e della presenza di specie faunistiche autoctone; - 2. l’allevamento zootecnico di tipo intensivo (carico massimo per ettaro di 0,5 unità bovina adulta per più di sei mesi/anno); - 3. nuovi insediamenti residenziali e produttivi; - 4. escavazioni ed estrazioni di materiali; - 5. discarica di rifiuti e materiali di ogni tipo; - 6. realizzazione di nuove infrastrutture viarie, con la sola esclusione della manutenzione delle opere esistenti e delle opere necessarie alla gestione del bosco; b. sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare considerazione dell’assetto vegetazionale – ambientale dei luoghi, comportino le sole trasformazioni: - 1. mantenimento e ristrutturazione di manufatti edilizi ed attrezzature per attività connesse con il bosco/macchia (sorveglianza, protezione antincendio, ricerca scientifica, attività forestale); costruzione di nuovi manufatti a tale destinazione sono ammesse (in conformità delle prescrizioni urbanistiche) se localizzate in modo da evitare compromissioni della vegetazione; - 2 sistemazioni idrogeologiche se, inquadrate in piani organici di assetto idrogeologico estesi all’area di bacino cui appartiene ilbosco/macchia, utilizzino soluzioni appropriate al sito e prevedano opere di mitigazione degli effetti indotti; - 3. infrastrutture a rete fuori terra e, per quelle interrate, se posizione e disposizione planimetrica del tracciato non compromettano la vegetazione”. Ebbene, nonostante le sopra riportate norme tecniche di attuazione del PUTT/p impediscano categoricamente la possibilità di insediare su tali aree persino il semplice “deposito” di rifiuti, e malgrado sia perciò decisamente esclusa la possibilità di realizzare addirittura una “piattaforma polifunzionale per la selezione e inertizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi”, lo stesso dirigente del settore ecologia e ambiente della Regione Puglia, dott. Luca Limongelli, con propria determinazione prot. n. 330 del 5 novembre 2003, ha espresso un incredibile parere favorevole di compatibilità ambientale sul progetto di piattaforma ! Anche in questo parere favorevole di compatibilità ambientale, il dott. Limongelli si limita a richiamare, riassumendolo, lo studio di impatto ambientale effettuato dalla società proponente, senza minimamente curarsi dello straordinario valore ambientale delle aree sulle quali si vorrebbe insediare tale piattaforma, uno straordinario valore ambientale reso particolarmente significativo dal fatto che le medesime aree sono tutelate dal PUTT/p con apposita normativa di tutela e valorizzazione, e senza tenere conto dei criteri di localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti individuati dal piano regionale di gestione dei rifiuti sopra richiamato, criteri secondo i quali, come innanzi evidenziato, le aree censite e tutelate dal PUTT/p sono da considerarsi non idonee per ospitare impianti di smaltimento di rifiuti ! Senza peraltro contare che, anche in questo caso, il dirigente del settore Ecologia e Ambiente della Regione Puglia, dott. Luca Limongelli, non ha valutato il progetto di piattaforma alla luce dell’art. 4, 6° comma della legge regionale n. 11/2001, ai sensi del quale: “Le soglie dimensionali definite ai sensi della presente legge sono ridotte del 50 per cento qualora i progetti di interventi o di opere ricadano all’interno di aree naturali protette”. Va inoltre considerato che il progetto di piattaforma, come peraltro espressamente confermato dai relativi pareri di compatibilità ambientale espressi dallo stesso dirigente del settore ecologia e ambiente della Regione (quello prot. n. 242 del 7 luglio 2004 e quello prot. n. 330 del 5 novembre 2003), è strettamente collegato a quello per la realizzazione della nuova discarica. E se così è, si fa rilevare che non è ovviamente possibile fare valutazioni di impatto ambientale “a spezzatino” (specie per progetti di opere di quelle incredibili dimensioni e ricadenti, peraltro, in un’area protetta dal PUTT/p), atteso che l’art. 4, 11° comma della legge regionale n. 11/2001 stabilisce che “Alle procedure di VIA va assoggettato il progetto dell’intera opera o intervento”. Infine va rilevato che la competenza per la valutazione di impatto ambientale riguardanti le piattaforme per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, tanto più se connesse a una discarica per rifiuti speciali di 2.300.000 di metri cubi netti, è del Ministero dell’Ambiente e non della Regione. Tale impianto, infatti, rientra come minimo in quelle tipologie di impianti di cui al combinato disposto dell’art. 1, 1° comma, lett. l) (“Impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante trattamento chimico o stoccaggio a terra”) e dell’art. 2, 1° comma, lett. d) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377 del 10.8.1988, contenente (Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all’art. 6 della legge 8.7.1986 n. 349), impianti appartenenti appunto alla competenza del Ministero dell’Ambiente in tema di VIA secondo la medesima normativa ! Non può esservi alcun dubbio, pertanto, anche sulla illegittimità di tutti gli atti sinora prodotti all’interno del procedimento amministrativo riguardante la piattaforma. Al culmine di un confuso iter procedimentale, con deliberazione della Giunta provinciale di Taranto n. 1303 del 10.11.1998, fu approvato il progetto presentato dalla Ecolevante s.p.a. per realizzare in agro di Grottaglie, in località “La Torre – Caprarica, una discarica controllata di rifiuti speciali di 2^ categoria di tipo “B”. Il progetto di discarica fu sottoposto a una serie di condizioni richiamate in altri atti intervenuti nel medesimo procedimento. Tra queste condizioni fu espressamente riconfermata quella contenuta nella valutazione d’impatto ambientale adottata con deliberazione della Giunta regionale n. 3439 del 31.7.1998, che aveva espresso parere favorevole alla compatibilità ambientale “….limitatamente a un progetto di discarica controllata di volumetria tale da assicurare lo smaltimento di rifiuti indicato nel progetto presentato fino al 31.12.1999”. Questa efficacia temporalmente limitata della VIA fu motivata dalla Giunta regionale in relazione alla circostanza che lo studio di impatto ambientale presentato dalla Ecolevante s.p.a. prevedeva lo smaltimento nell’impianto di discarica di tutti i rifiuti speciali non pericolosi elencati in allegato al decreto legislativo n. 22/97. Conseguentemente, secondo la medesima Giunta regionale, lo stesso studio, almeno per quanto concerne il periodo successivo al 1° gennaio 2001, avrebbe dovuto essere rielaborato per rendersi compatibile con la indicata disposizione legislativa. La Giunta regionale stabilì quindi che, per le eventuali ulteriori volumetrie di rifiuti speciali da smaltire nella medesima discarica oltre la data del 31.12.1999, lo studio di impatto ambientale avrebbe dovuto essere riformulato, ripresentato e rivalutato. Sennonché, la Giunta provinciale di Taranto, con deliberazione n. 44 del 5.2.1999, pur richiamando tutte le condizioni riportate nella propria precedente deliberazione n. 1303/1998 di approvazione del progetto di discarica – e, tra le altre, anche quelle imposte con la VIA regionale sopra indicata -, autorizzò l’Ecolevante s.p.a. all’esercizio della discarica in parola per la durata di cinque anni ! Ebbene, nonostante la VIA regionale avesse perso efficacia a partire dal 1.1.2000, non solo il I lotto della discarica ha continuato ad operare per tutti i cinque anni per cui era stata illegittimamente autorizzata dalla Provincia (che avrebbe potuto, tutt’al più, autorizzarla fino al 31.12.1999 conformemente alla valutazione di impatto ambientale), ma, recentemente, il dirigente del settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto, con determinazione n. 32 del 27.2.2004, ha addirittura prorogato l’autorizzazione all’esercizio dello stesso I lotto della discarica. Tale atto è gravissimo per due ordini di motivi: a) l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio della discarica è stata rilasciata ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 36/2003, contenente la disciplina transitoria che regola il passaggio tra la precedente e la nuova classificazione delle discariche. A regime, infatti, il d. lgs. n. 36/2003 prevede che le discariche dovranno essere di tre sole tipologie: a) discariche per rifiuti inerti; b) discariche per rifiuti non pericolosi; c) discariche per rifiuti pericolosi (art. 4 del d. l.vo n. 36/2003). I commi 1, 3, 4 e 5 dell’art. 17 del d. l.vo n. 36/2003 contengono la disciplina transitoria alla quale sono assoggettate le discariche già autorizzate al 27.3.2003 (data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo), mentre il comma 2 del medesimo art. 17 contiene la disciplina transitoria relativa alle nuove discariche da autorizzarsi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2003. Per le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del d. l.vo n. 36/2003, se è vero che il primo comma dell’art. 17 stabilisce che esse possono continuare a ricevere fino al 16 luglio 2005 i rifiuti per cui sono state autorizzate, è anche vero che dal combinato disposto dei commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 17, si evince agevolmente che l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio delle discariche già autorizzate è condizionata dalla previa e necessaria approvazione del piano di adeguamento della discarica. Infatti, il 3° comma stabilisce che “Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il titolare dell’autorizzazione di cui al comma 1 o, su sua delega, il gestore della discarica, presenta all’autorità competente un piano di adeguamento della discarica alle previsioni di cui al presente decreto, incluse le garanzie finanziarie di cui all’art. 14”. Il 4° comma, a sua volta, statuisce inequivocabilmente: “Con motivato provvedimento l’autorità competente approva il piano di cui al comma 3, autorizzando la prosecuzione dell’esercizio della discarica e fissando i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione e il termine finale per l’ultimazione degli stessi, che non può in orni caso essere successivo al 16 luglio 2009. Nel provvedimento l’autorità competente prevede anche l’inquadramento della discarica in una delle categorie di cui all’art. 4. Le garanzie finanziarie prestate a favore dell’autorità competente concorrono alla prestazione della garanzia finanziaria”. Il 4° comma dell’art. 17 è quindi chiarissimo. L’autorità competente, infatti, “approva il piano….autorizzando la prosecuzione dell’esercizio della discarica e fissando il lavori di adeguamento……”; con ciò evidenziando - ed è davvero appena il caso di ribadirlo - che l’approvazione del piano di adeguamento della discarica costituisce un necessario e ineludibile presupposto per l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio della medesima discarica, autorizzazione alla prosecuzione che dovrà altresì fissare la tipologia dei necessari lavori di adeguamento, i tempi e le relative modalità di esecuzione ! E’ peraltro evidente la differenza di questa disposizione normativa rispetto a quella contenuta nell’art. 1, comma 15 della legge n. 443/2001, che prevedeva la presentazione della domanda di autorizzazione ed il proseguimento dell’attività “fino all’emanazione del conseguente provvedimento da parte dell’ente competente al rilascio dell’autorizzazione”. L’art 17 del d. l.vo n. 36/2003, infatti, non ha previsto questa condizione transitoria, avendo invece chiaramente subordinato l’eventualità di un’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio della discarica alla preventiva approvazione del piano di adeguamento. Né può essere sufficiente, com’è accaduto nel caso in esame, che la Ecolevante s.p.a. abbia ottenuto dal Comitato tecnico provinciale e dall’ARPA Puglia – dipartimento provinciale di Taranto, il parere favorevole sul piano di adeguamento da essa presentato, con la possibilità di innalzare, peraltro, entro e fino a 3 volte i limiti di accettabilità, fissati dal D.M. 13.3.2003, delle concentrazioni di alcuni parametri dei rifiuti in ingresso alla discarica. Infatti la circostanza che nella stessa determinazione n. 32 del 27.2.2004 del dirigente del settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto qui impugnata si riconosce espressamente e inequivocabilmente (v. pag. 4, punto 3 del dispositivo delle medesima determinazione) che l’approvazione del piano di adeguamento non era ancora intervenuta nel momento in cui è stata autorizzata la prosecuzione all’esercizio, rappresenta la prova che la prosecuzione dell’esercizio della discarica è stata autorizzata senza la previa necessaria approvazione del piano di adeguamento, ponendosi con ciò in chiara e aperta violazione dell’art. 17, 4° comma del d. l.vo n. 36/2003. Nel caso in esame, peraltro, la prosecuzione dell’esercizio non avrebbe potuto nemmeno essere autorizzata. Infatti, essendo scaduta l’originaria autorizzazione per cinque anni di cui alla deliberazione della Giunta provinciale n. 44 del 5.2.1999, l’Ecolevante s.p.a. avrebbe potuto solo presentare una nuova richiesta di autorizzazione e non un’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio. E l’autorizzazione della nuova discarica avrebbe dovuto essere valutata secondo i nuovi criteri di classificazione, costruzione e gestione delle discariche, criteri com’è noto dettati dalla disciplina di cui al d. l.vo n. 36/2003 e al d.m. dell’Ambiente del 13.3.2003, così come appunto previsto dall’art. 17, comma 2 del d. l.vo n. 36/2003 per le nuove discariche. In questo quadro, pertanto, oltre alla palese violazione dell’art. 17 del d. l.vo n. 36/2003, emerge chiaramente sia un’evidente illogicità e carenza di istruttoria e di motivazione, sia un’aperta violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Va in ogni caso rilevato come il piano di adeguamento presentato dall’Ecolevante s.p.a., alla luce di quanto risulta dal parere favorevole espresso sia dal Comitato tecnico provinciale che dall’ARPA Puglia [riportati entrambi nella determinazione impugnata (v. pag. 2)], non rispecchia nemmeno il contenuto minimo che esso deve avere secondo quanto stabilito dal Documento del 2.10.2003 della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, concernente indirizzi regionali per l’applicazione del d. l.vo n. 36/2003 e del d.m. 13.3.2003 in materia di discariche. Infatti, secondo gli indirizzi del Documento suddetto, il piano di adeguamento deve contenere almeno non solo il piano di gestione operativa, gestione post operativa, ripristino ambientale, sorveglianza e controllo e piano finanziario (cose che sembrerebbero comprese nel piano di adeguamento presentato dall’Ecolevante s.p.a.), ma anche il progetto di adeguamento delle eventuali opere infrastrutturali possibili (cosa che, invece, non è compresa nel piano di adeguamento presentato dalla Ecolevante s.p.a.), con indicazione dei tempi e delle modalità di esecuzione secondo quanto precisato dall’art. 17, 4° comma del d. l.vo n. 36/2003. Peraltro, a conferma di quanto sopra esposto e dell’interpretazione dell’art. 17, 4° comma sopra sostenuta, nello stesso Documento in questione si precisa espressamente che il piano di adeguamento va approvato ai sensi dell’art. 17, 4° comma del d. l.vo n. 36/2003; con ciò sottolineando chiaramente che l’approvazione del piano di adeguamento è un presupposto necessario per l’eventuale autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio delle discariche già autorizzate alla data dell’entrata in vigore dello stesso d. l.vo n. 36/2003. La circostanza che il Documento dei Presidenti delle regioni e delle province autonome abbia indicato il contenuto minimo che deve avere il piano di adeguamento, fa emergere quanto sia perplessa la motivazione circa la posposizione dell’approvazione del piano di adeguamento in attesa della “eventuale emanazione di norme regionali applicative e/o di disposizioni interpretative da parte di soggetti competenti”, come si sostiene nella determinazione del dirigente del settore ecologia della Provincia di Taranto che qui si impugna. Invero, il chiarissimo dettato normativo dell’art. 17. 4° comma del d. l.vo n. 36/2003 (l’autorità competente approva il piano …autorizzando la prosecuzione dell’esercizio), e l’indicazione del contenuto minimo che il piano di adeguamento deve avere, indicazione effettuata con il Documento più volte citato, non lascia alcun margine di dubbio per ritenere pienamente applicabile la normativa in questione, senza rinviare in attesa di altre “eventuali norme regionali applicative e/o di disposizioni interpretative da parte di soggetti competenti”. Va infine rilevato come, nel caso in esame, contrariamente al disposto dell’art. 10, 3° comma del d. l.vo n. 36/2003 - il quale impone che l’autorizzazione sia rilasciata solo dopo l’accettazione da parte della Regione (nel nostro caso della Provincia, ente delegato competente ai sensi della legge regionale n. 30/1986) delle garanzie finanziarie di cui all’art. 14 del medesimo decreto legislativo -, l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio è stata invece rilasciata prima (sic !) della prestazione della garanzia finanziaria. E’ stato infatti previsto che l’Ecolevante s.p.a. avrebbe dovuto presentare idonee garanzie finanziarie - limitate peraltro alla sola gestione operativa (mentre per la gestione post operativa, pur necessaria, non si dice nulla !) -, solo successivamente all’autorizzazione, e precisamente entro trenta giorni dalla notifica dello stesso provvedimento n. 32/2003 del dirigente del settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto (v. pag. 5, punto 10 del dispositivo del provvedimento impugnato). b) Ma ci sono altre ragioni ancora più gravi che rendono davvero manifesta l’illegittimità dell’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio della discarica, rilasciata dal dirigente del settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto con determinazione n. 32/2004. Si è detto in precedenza che la VIA riguardante il 1° lotto della discarica in questione aveva un’efficacia temporalmente limitata, e cioè fino al 31.12.1999. La Giunta provinciale, nonostante tale limitazione pur da essa espressamente richiamata, con deliberazione n. 44 del 5.2.1999 ne autorizzava l’esercizio per la durata di cinque anni. Malgrado l’evidente illegittimità di quest’ultima deliberazione, e nonostante per il 1° lotto non fosse mai intervenuta alcuna ulteriore VIA successivamente alla data del 31.12.1999, con la determinazione del dirigente del settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto n. 32/2004 è stata autorizzata la prosecuzione dell’esercizio della medesima discarica senza che questa fosse adeguatamente assistita da una ineludibile valutazione di impatto ambientale che fosse attualmente efficace ! La mancata rinnovazione della procedura di valutazione di impatto ambientale, stante l’efficacia temporalmente limitata della VIA di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 3439 del 31.7.1998, rende di per sé evidente, anche sotto questo profilo, la sicura illegittimità della determinazione dirigenziale impugnata. Ciò è peraltro particolarmente grave nel caso in esame ove si consideri che con deliberazione della Giunta regionale n. 1748 del 15.12.2000 è stato approvato il PUTT – P (piano urbanistico territoriale tematico per il paesaggio), il quale ha assoggettato l’area dov’è ubicato il 1° lotto della discarica (oltre che il 2° lotto) a una specifica normativa di tutela e valorizzazione. Infatti, come risulta dal certificato di destinazione urbanistica prot. n. 14187/A del 16.7.2004 rilasciato dal Comune di Grottaglie, tali aree sono classificate dal piano paesaggistico regionale (il PUTT/p innanzi richiamato) come “aree di pertinenza” (e dunque non come semplici “aree annesse”) agli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie”, e sottoposte a tutela anche dalla specifica normativa per i vincoli idrogeologici, oltre ad essere classificate come “Ambito territoriale esteso” di tipo “D” ! Le norme tecniche di attuazione del PUTT/p, per le “aree di pertinenza” degli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie”, all’art. 3.10.4 stabiliscono innanzitutto che: “Nell’”area di pertinenza” si applicano gli indirizzi di tutela di cui al punto 1.1 dell’art. 2.02 e le direttive di tutela di cui al punto 3.1 dell’art. 3.05….”. Secondo gli indirizzi di tutela di cui al punto 1.1 dell’art. 2.02, valevoli – si badi – anche per gli ambiti di valore eccezionale “A”, si prevede: - “la conservazione e valorizzazione dell’assetto attuale; il recupero delle situazioni compromesse attraverso la eliminazione dei detrattori”; Secondo le direttive di tutela di cui al punto 3.1 dell’art. 3.05, valevoli anch’esse – si badi – anche per gli ambiti territoriali estesi di valore eccezionale “A”: -…..va evitato: il danneggiamento delle specie vegetali autoctone, l’introduzione di specie vegetali estranee e la eliminazione di componenti dell’ecosistema; l’apertura di nuove strade o piste e l’ampliamento di quelle esistenti; l’attività estrattiva; l’allocazione di discariche o depositi di rifiuti ed ogni insediamento abitativo o produttivo; la modificazione dell’assetto idrogeologico”. L’art. 3.10.4, ad integrazione degli indirizzi di tutela e delle direttive di tutela innanzi richiamate, per le stesse “aree di pertinenza” degli “Ambiti territoriali distinti” di tipo “macchie” stabilisce che: “a. non sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi comportanti: - 1. ogni trasformazione della vegetazione forestale, salvo quelle volte al ripristino/recupero di situazioni degradate, e le normali pratiche silvicolturali che devono perseguire finalità naturalistiche quali: divieto di taglio a raso nei boschi, favorire le specie spontanee, promuovere la conversione ad alto fusto; tali pratiche devono essere coerenti con il mantenimento/ripristino della sosta e della presenza di specie faunistiche autoctone; - 2. l’allevamento zootecnico di tipo intensivo (carico massimo per ettaro di 0,5 unità bovina adulta per più di sei mesi/anno); - 3. nuovi insediamenti residenziali e produttivi; - 4. escavazioni ed estrazioni di materiali; - 5. discarica di rifiuti e materiali di ogni tipo; - 6. realizzazione di nuove infrastrutture viarie, con la sola esclusione della manutenzione delle opere esistenti e delle opere necessarie alla gestione del bosco; b. sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare considerazione dell’assetto vegetazionale – ambientale dei luoghi, comportino le sole trasformazioni: - 1. mantenimento e ristrutturazione di manufatti edilizi ed attrezzature per attività connesse con il bosco/macchia (sorveglianza, protezione antincendio, ricerca scientifica, attività forestale); costruzione di nuovi manufatti a tale destinazione sono ammesse (in conformità delle prescrizioni urbanistiche) se localizzate in modo da evitare compromissioni della vegetazione; - 2 sistemazioni idrogeologiche se, inquadrate in piani organici di assetto idrogeologico estesi all’area di bacino cui appartiene ilbosco/macchia, utilizzino soluzioni appropriate al sito e prevedano opere di mitigazione degli effetti indotti; - 3. infrastrutture a rete fuori terra e, per quelle interrate, se posizione e disposizione planimetrica del tracciato non compromettano la vegetazione”. Ebbene, alla luce di tale sopravvenuta normativa, appare di palese evidenza che mai il dirigente del settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto avrebbe potuto autorizzare la prosecuzione dell’esercizio del I lotto della discarica in questione senza la previa e ineludibile rinnovazione della valutazione di impatto ambientale; rinnovazione tanto più necessaria alla luce della circostanza che la VIA originaria aveva addirittura un’efficacia temporalmente limitata fino al 31.12.1999 !
Grottaglie, 20.9.2004 [1] Il punto 1.3 dell’art. 2.02, contenente gli “Indirizzi di tutela degli “Ambiti territoriali estesi”, stabilisce: “Negli ambiti di valore distinguibile “C”: salvaguardia e valorizzazione dell’assetto attuale se qualificato; trasformazione dell’assetto attuale se compromesso, per il ripristino e l’ulteriore qualificazione; trasformazione dell’assetto attuale che sia compatibile con la qualificazione paesaggistica” [2] Il punto 3.3 dell’art. 3.05, contenente le “Direttive di tutela” degli “Ambiti territoriali estesi”, stabilisce: “Negli ambiti territoriali estesi di valore distinguibile “C” e di valore relativo “D”, in attuazione degli indirizzi di tutela, tutti gli interventi di trasformazione fisica del territorio e/o insediativi vanno resi compatibili con la conservazione degli elementi caratterizzanti il sistema botanico – vegetazionale, la sua ricostituzione, le attività agricole coerenti con la conservazione del suolo”.
|